Il contextual advertising? Cosa è e come potrebbe cambiare lo scenario dell’advertising online

Con l’aver rimandato al 2023 la fine dei cookies terze parti, l’ecosistema pubblicitario ha cominciato a ragionare a più ampio raggio e con meno stress, alle alternative possibili per il targeting degli annunci digitali. E per molti in cima alle future possibilità c’è il ritorno al contextual advertising (pubblicità contestuali).
Il contextual advertising non è una novità. In molti scommettono però, che in questa direzione andranno buona parte degli investimenti pubblicitari online dei prossimi anni.

E allora proviamo a capire come funziona, cosa dovremo fare, quali saranno le criticità e quali le opportunità.

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Le basi del contextual advertising

La pubblicità contestuale è una forma di pubblicità che mostra annunci pubblicitari basati sul contenuto specifico di un sito web. Ad esempio, se una persona sta navigando in un sito web dedicato alle news e legge un articolo sul calcio, appariranno annunci pubblicitari ad esempio di scarpini, palloni o completi da calcio.
In maniera molto sintetica possiamo dire che l’interesse commerciale di un lettore sarà carpito non più dai dati comportamentali raccolti su diverse piattaforme (come avviene ora) ma su cosa è intento in quello specifico momento: se si informa su un contenuto (articolo sul calcio, assicurazioni auto, ecc.) la pubblicità sarà tematica al contentuo su cui è rivolta la sua attenzione in quel momento.

Come funziona esattamente il Contextual Advertising?

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Il metodo, che ha avuto origine più di 20 anni fa e che non si basa sui cookie di terze parti come già detto sopra, coinvolge un crawler che scansiona il web e classifica i contenuti in base al contesto e ai metadati. Quando un utente visita un sito, nella pagina caricata viene erogato un annuncio (o più annunci pubblicitari) che sono abbinati e pertinenti ai meta dati e al contenuto all’interno della pagina. Da un primo modello molto grezzo (e chi ha iniziato a lavorare online con Google Adsense, se lo ricorderà bene), negli ultimi due decenni la tecnologia di erogazione è avanzata grazie all’implementazione dell’intelligenza artificiale e il machine learning e ovviamente il real bidding.

Una pubblicità contestuale più intelligente? Si, grazie alla tecnologia

Le recenti innovazioni tecnologiche hanno aiutato l’erogazione delle pubblicità contestuali al punto in cui può capire che gli utenti tendono a fare acquisti diversi a seconda del loro posizione o del tempo, o se utilizzano un dispositivo Android o iOS. Ad esempio con il machine learning, su una pagina che parla di viaggi e proposte di viaggi, sarebbe possibile erogare annunci pubblicitari legati ai viaggi in Messico quando solitamente vengono più prenotati durante l’anno. Quindi i dati statistici, comportamentali e storici, possono essere dati in pasto a strumenti di machine learning per pianificare ed erogare annunci pubblicitari contestuali, quando realmente più utili.

La nuova vita della pubblicità contestuale: tutta colpa dell’addio dei cookie terze parti?

Come già detto più volte: la pubblicità contestuale non si basa su cookie di terze parti. Quindi sembrerebbe proprio di si. Con i dati terze parti, era possibile avere un avatar digitale dei propri lettori e mostrare annunci pubblicitari in base al loro comportamento e profilazione online, probabilmente il futuro dell’adv online più imminente si baserà quindi su due nuovi pilastri: dati prima parte e annunci contestuali.

Quale sarà la sfida da affrontare per chi si occupa di adv online per l’editoria?

La fine dei dati terze parti, porterà a una quantità molto più piccola di dati utili per l’advertising. Come su Editore Informato abbiamo già scritto, i dati prima parte saranno il nuovo oro degli editori (acquisendo i dati degli utenti che sono registrati o che hanno sottoscritto un abbonamento ad esempio). Probabilmente si comincerà a ragionare per coorte e kpi diversi (probabilmente inizierà a prendere maggiore interesse da parte degli inserzionisti il ruolo delle conversioni?)

Annunci contestuali + targeting contestuale + valore reale ai consumatori

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Il presidente di Outbrain, parlando proprio di contextual advertising, ha fatto questo esempio: “Quando si cammina in giro per New York in una calda giornata di sole, non troveremo nessuno a venderci un ombrello. Tuttavia, se inizia a piovere improvvisamente, ecco che appariranno i venditori di ombrelli intorno a chi non ne ha uno. Questo perché il contesto è cambiato grazie al meteo. Le persone che hanno dimenticato gli ombrelli non avevano inizialmente espresso un interesse ad averne uno quando c’era il sole e non aveva una relazione commerciale con quei venditori di ombrelli – ma quando ha iniziato a piovere, comprare un ombrello è diventato importante.” e aggiunge: “Questo è un perfetto esempio di pubblicità contestuale che sta fornendo valore per il consumatore quando il contesto è giusto.

Gli editori e la tecnologia

Il rapporto tra editori e la tecnologia probabilmente cambierà, perchè i bisogni prossimi riguarderanno il dato e gli interessi dei propri lettori raccolti in prima persona. Per fare questa raccolta sarà necessario fare in modo che i propri lettori si registrino al giornale, con modelli paywall ad esempio. Dove oltre al già trattato paywall, sarà il lead magnet per l’acquisizione del dato e l’analisi comportamentale sul proprio sito da parte dei lettori.

E su questo aspetto si potrebbe aprire un mondo sulle attività dei giornali com l’analisi comportamentale dei lettori. Un esempio che dovrebbe fare scuola, è quello del Financial Times, che tramite una propria metrica, etichetta gli abbonati secondo i loro comportamenti: ultimo accesso, frequenza delle visite e volume di articoli letti. Se questi dati scendono sotto una certa soglia, è evidente il rischio di disaffezione al giornale e prima di perdere l’abbonato il giornale comincia ad inviare email ad hoc e contenuti speciali personalizzati.

La provocazione: i brand avranno ancora bisogno dei giornali?

Bella domanda che mi sono fatto, lo ammetto. Sembra scontato che si risponda di si, ma analizziamo bene quello che potrebbe accadere.

Se i brand cominciassero a investire in hub di contenuti proprietari, per il targeting contestuale? Ad esempio, un brand di viaggi potrebbe creare un proprio hub o “prodotto editoriale” con elenchi incentrati sui posti migliori da visitare nei Caraibi: come i primi 10 ristoranti o le 10 migliori spiagge. Questo prodotto editoriale, sarebbe una perfetta opportunità contestuale per coinvolgere i consumatori, poiché è probabile che i visitatori del sito siano interessati proprio a un viaggio ai Caraibi.

Dato prima parte + contenuto + offerta, rimarrebbero tutti nello stessa area delimitata di proprietà del Brand.

Proviamo a giocare sulle ipotesi:

  • Un brand sportivo, apre un proprio magazine online sul calcio
  • Un brand di assicurazioni, apre un proprio magazine sulle auto
  • Un brand di un noto marketplace, acquista un noto giornale (tipo Amazon e The Washington Post 🙂 )


E i giornali? Se la strada sarà quella che ti sto raccontando, sarà necessaria una strategia editoriale dei giornali per acquisire una visibilità specifica. Probabilmente dovranno puntare a posizionare e generare traffico su contenuti commercialmente interessanti per i propri inserzionisti.
Un esempio è quanto fatto con una nota rivista di tecnologia con cui collaborai diversi anni fa, quando stava diventando obbligatorio il POS nei negozi: realizzammo e posizionammo in cima ai risultati dei motori di ricerca il nostro articolo sui POS e collaborammo con diversi inserzionisti a tema.

La pianificazione editoriale con il contextual advertising, dovrà probabilmente dare maggiore peso alla remunerabilità dei propri contenuti a discapito della sola e pura informazione? Dipenderà da come decideranno di evolvere gli editori.

Il problema più grande lo avranno i generalisti?

Il contextual advertising potrà sicuramente essere interessante su contenuti che riguardano prodotti, servizi o sui quali è di facile reperibilità trovare inserzionisti. Ma sui siti di news? Sui siti di notizie le cose si faranno sicuramente più complicate ed è quì che l’evoluzione tecnologica dovrà essere maggiore ed entrare nelle quotidiane dinamiche di un giornale.
Alcuni esempi, di cosa intendo:

  • Un giornale generalista dovrà essere in grado tracciare il comportamento dei propri lettori e creare una profilazione proprietaria, attraverso la registrazione: le email saranno l’identificativo degli utenti
  • Il comportamento tracciato dovrà creare una profilazione di interessi, ad esempio: questo lettore legge spesso di sport, questo lettore è più interessato al calcio, questo lettore ha 30 anni, questo lettore ecc. ecc.
  • Al momento non esistono “gateway” tra le piattaforme adv e i dati di prima parte degli editori, come non esiste neanche uno standard.

Insomma: auguri e in bocca la lupo a tutti noi.