“Fare i soldi con questi strumenti, da noi, è quasi impossibile. Convertire un lettore in cliente è un qualcosa di difficile, perché dipende dalla sua disponibilità a pagare un servizio e dal valore che si dà al lavoro giornalistico”.
Stefano Quintarelli, ex direttore dell’area digital del Gruppo Sole24Ore oggi Member of the AI High Level Expert Group at European Commission
Parliamo di paywall
- Parliamo di paywall
- Facciamo un passo indietro: cosa è il paywall?
- Quale deve essere la prima cosa da fare se si vuole passare al paywall?
- Quando il paywall funziona davvero?
- Da abbonamenti a membership e comunity
- Gli abbonamenti, se fatti bene, creano clienti automatici.
- Da giornale a e-commerce
- In conclusione
- Segnalazioni
Ormai da diversi anni collaboro con testate che hanno adottato con successo soluzioni Paywall o Subscription, per far crescere il fatturato e provare a raggiungere una sostenibilità del proprio progetto editoriale. Allo stesso tempo ci sono stati anche casi dove non siamo arrivati al risultato sperato.
Da queste esperienze, credo di poter finalmente definire le caratteristiche che possono determinare la riuscita di un paywall.

Facciamo un passo indietro: cosa è il paywall?
Il paywall (in estrema sintesi) è quando alcuni contenuti (o tutti) di un giornale, sono consultabili solamente per i lettori che hanno sottoscritto un abbonamento o SUBSCRIPTION (solitamente a tempo), o che hanno acquistato quel singolo contenuto.
Possono esserci diversi tipi di paywall, ma la sostanza non cambia.
Solitamente un giornale che adotta il paywall, viene pensato come un giornale che chiede di essere pagato, per leggere i suoi contenuti (strano, eh?)
Lo affermo subito: non è vero che se un contenuto è su internet per forza deve essere gratuito. Ma andiamo avanti.
Può sembrare che il paywall sia solo un aspetto tecnico, ma non è affatto così. Perchè per applicare un paypall ad un giornale, basta spingere il bottone di una funzione scritta da qualche programmatore; ma in realtà un editore deve cominciare da tutt’altro.
Quale deve essere la prima cosa da fare se si vuole passare al paywall?
Ti dico subito la risposta giusta: conoscere i tuoi lettori e sapere perchè ti leggono.
Infatti le caratteristiche che determinano la pianificazione di un paywall non sono solo tecniche o di pricing, ma sono prima di tutto analitiche e umane.
Ed ora provo a spiegarti cosa intendo.
Questioni analitiche: usare Google Analytics per capire il comportamento del proprio lettore.
Personalmente parto sempre da questo dato, è un custom report realizzato da Google (ma può essere realizzaro con un pò di filtri su qualsiasi profilo Google Analytics).

Prendendo da quanto raccolto in Google Analytics, il Consumer Report restituisce i dati relativi ad alcuni comportamenti dei lettori che possono farci iniziare a ragionare sull’applicazione o meno del paywall sul giornale.
Come si comprende subito, se il dato dei lettori fedeli è sensibile (direi intorno al 20%) abbiamo l’importante conferma che esistono lettori che hanno visitato il sito più volte nell’arco degli ultimi 30 giorni (dalle 2 alle 14 volte) ed è una dimostrazione di “fedeltà” da cui partire in qualche modo.
Per lettori occasionali invece, vengono indicati quelli che hanno effettuato una sola visita. Con i sostenitori della testata, quelli che hanno generato almeno 15 visite.
Parto sempre dal dato dei “lettori fedeli” perchè sono quelli su cui bisognerà lavorare maggiormente rispetto ai “Sostenitori”, con un piede già nel funnel di abbonamento.
Quindi, analizzare il comportamento dei tuoi lettori è il primo e necessario dato da raccogliere per capire se un giornale online ha una possibilità di adottare un paywall. Se i dati non sono confortanti, allora la strategia iniziale sarà quella di creare lettori fedeli e sostenitori per arrivare ad una percentuale interessante e poi – forse – cominciare a proporre piani di abbonamento.
[Nel News Cunsumer Insight di Google, troverai anche interessanti segnalazioni utili per il tuo sito web.]
Questioni umane: la relazione con i lettori
Sulle dinamiche sociali e umane che determinano la riuscita di un giornale con paywall, mi sono davvero speso tanto nel corso degli ultimi anni, ne ho parlato ad eventi, convegni e riunioni con editori, ma forse è l’ora di metterlo per scritto.

Philip Kotler è uno che di marketing ne sa davvero a pacchi, questa sua citazione mi capitò sottomano pochi istanti dopo aver inviato una email all’amministratore e al direttore di un giornale online, in cui mi lamentavo della poca partecipazione da parte della redazione, nello sviluppo del piano editoriale. L’email più o meno, diceva così:
“La redazione non ha voluto adottare un piano editoriale mirato esclusivamente al traffico per non snaturare la propria identità riconosciuta dai lettori negli anni.”
“La propria identità”
Questa frase, raccoglie in se il 90% delle possibilità di un giornale per provare a adottare una soluzione paywall che funzioni. Perchè un’identità non è un’etichetta che chiunque può appiccicarsi sulla maglietta, ma è uno status che viene riconosciuto dall’esterno.
Sono i lettori che riconoscono una identità al giornale.
Quando lessi la citazione di Kotler, vidi una strettissima relazione tra le due cose:
- “instaurano con loro solide relazioni” (Kotler)
- “non snaturare la propria identità riconosciuta dai lettori” (email all’AD del giornale)
Era esattamente quello che esisteva: una solida relazione riconosciuta dai lettori, bingo!
Questo è e deve essere il primo traguardo da raggiungere quando si parla di paywall per un giornale online:
- le solide relazioni si acquisiscono con la fiducia
- la fiducia si acquisisce con l’autorevolezza del prodotto
Ed ecco che entra in gioco un ulteriore fattore, caro a chi si occupa di marketing da qualche anno: “l’autorevolezza“.
Sfido chiunque della mia generazione di marketers e non farsi partire le sinapsi nel leggere la parola “autorevolezza” e non pensare a Cialdini.
Infatti, Robert Cialdini, divulgatore di tematiche come le neuroscienze applicate al marketing, nel suo “Le armi della persuasione” raccoglie una serie di dinamiche sociali che determinano gli acquisti e le azioni degli individui. In questo ambito, cita due fenomeni che fanno scattare le nostre scelte:
- Appartenenza
- Somiglianza
Appartenenza: I lettori si sentono parte di un insieme da un punto di vista culturale, sociale e di interessi.
Somiglianza: I lettori hanno opinioni simili alla linea editoriale e coerenti con l’identità del giornale.
Detta in questo molto, se non esiste ed è evidente, sembra molto difficile da costruire, ma in realtà non lo è.
L’immagine qui sotto evidenzia come spesso un buon messaggio pubblicitario, possa condizionare/rafforzare le nostre idee.

Un messaggio pubblicitario, che spinge a valori tendenzialmente condivisi con il proprio pubblico di riferimento, è in grado di creare leve e supporti per fare quello che “aziendalmente” vogliamo, anche quando non c’è più.
Non parlo di una manipolazione, ma di sfruttare una caratteristica umana conosciuta.

Quando il paywall funziona davvero?
Possiamo ora aggiungere qualcos’altro:
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I contenuti di valore, sono quei contenuti che soddisfano un bisogno non soddisfatto altrove e hanno un’appartenenza o somiglianza, con le idee del lettore. Certo è del tutto inutile pensare di fare un giornale a pagamento con articoli di cronaca a meno che non si sia particolarmente autorevoli ad esempio a livello locale.
Un giornale verticale sulle auto, che ha creato autorevolezza nel tempo e una “community” (vi rimando ad un passaggio della video intervista con Giorgio Taverniti dove si parlava proprio di Community) potrebbe avere un ottima resa dal proprio paywall per contenuti esclusivi, come prove, recensioni o anticipazioni.
Un portale editoriale con cui ho collaborato, si rivolge ad una specifica nicchia, con un piano editoriale in grado di generare interesse e soddisfare le necessità informative del proprio traget. Con meno di 500,000 utenti mensili, genera un fatturato da paywall superiore al milione di euro annuo.
Inoltre i benefici di essere abbonati ad un giornale, devono essere sempre evidenziati: nessuna pubblicità sul sito per gli abbonati? Poter inviare segnalazioni alla redazione? Partecipare ad eventi? Ecco, l’esclusività è un’altra arma di persuasione.
Da abbonamenti a membership e comunity
Spesso quanto trattato finora non è del tutto esaustivo quando si parla di paywall, perchè esiste tutto un’aspetto che deve essere sviluppato: la membership.
Per membership si intende solitamente “l’appartenenza” ma in realtà anche questo vaso deve essere un progetto mirato a farla crescere.

Il Fatto Quotidiano, ad esempio, permette alcune occasioni di incontro e partecipazione con il giornale. Ma questo è solo un esempio, i più diffusi sono:
- Partecipazione in streaming alle riunioni di redazione
- Possibilità di avere in anteprima alcuni contenuti su tematiche di interesse (del tipo: ecco in anteprima il pezzo che uscirà domani sul giornale di questa tematica che ti interessa!)
- Ricevere segnalazioni su tematiche da voler approfondire
Gli abbonamenti, se fatti bene, creano clienti automatici.
Siamo invasi da servizi ad abbonamento, perchè? Perché funzionano e sono un modello eccezionale: abbassano la percezione del costo di acquisto per i clienti, permettono di pianificare le entrare e cash flow per le aziende e gli editori.
Il modello ad abbonamento per i contenuti paywall è la soluzione che coniuga meglio le esigenze di un giornale che vuole approcciarsi a questo modello di business. Ma oltre alle specifiche trattate finora, è bene considerare anche altri modelli paywall che si basano su abbonamento, che funzionano alla grande. [C’è un’azienda che vende calzini ad abbonamento, ogni 4 mesi invia calzini nuovi ai suoi clienti. ]
Inoltre, un parco “abbonati” è un asset che incrementa il valore stesso del giornale.
- Abbonamento “All you can eat”
Una raccolta di contenuti evergreen. Ad esempio Netflix detiene i diritti di oltre 100.000 film e serie tv. Anche il più cinefilo non riuscirebbe a guardarsi tutto il possibile. Inoltre si aggiungono serie e film in continuazione, dissuadendo chiunque dal cancellare l’abbonamento.
- Abbonamento per “settore di nicchia”
Un mercato di nicchia ben definito, per esempio composto da titolari di aziende o appassionati di vini o del fai da te. Offrire un accesso a un flusso costante di conoscenze uniche o informazioni da addetti ai lavori che cambiano costantemente nel tempo e di cui gli abbonati hanno bisogno per rimanere aggiornati. Contenuti che risolvono problemi.
- Abbonamento semplificatore
Lettori e pubblico che hanno bisogno continuamente di informazioni e aggiornamenti su determinate tematiche per svolgere più agevolmente la propria attività. Permette di far risparmiare tempo all’abbonato e avere una selezione di contenuti importanti per il proprio lavoro o business.
Da giornale a e-commerce
Arrivati fino a qui, in questo lungo contenuto di oggi, ci manca solo l’ultima parte di tutto un progetto paywall, riguarda il fatto che se i contenuti diventano prodotti da vendere, il giornale diventa necessariamente un e-commerce, con tutte le questioni che ne derivano.

L’immagine qui sopra, fa parte di una infografica che avevo creato diversi mesi fa e pubblicata su Linkedin. Si tratta dei click per concludere un abbonamento con alcuni giornali che ho testato. Velocizzare la chiusura di un abbonamento è , come negli e-commerce, un passo fondamentale per creare flussi di conversione decenti.
Ma ne fanno parte anche:
- Tracciare il comportamento degli utenti (ad esempio con MemberLens)
- Funnel di acquisto
- Azioni di remarketing
- Split test A/B
- Gestione dei carrelli abboandonati
- Time life value
- ecc.
Diventando un e-commerce a tutti gli effetti, sarà anche necessario cominciare a guardare i numeri in maniera diversa.

In conclusione
Adottare il paywall diventa efficace quando :
- I tuoi contenuti soddisfano un bisogno dei tuoi lettori che non viene soddisfatto altrove
- Hai definito e ti è riconosciuta una tua identità e il senso di appartenenza da parte dei lettori
- Applichi una modalità di acquisto in abbonamento
- Cominci a pensare al tuo giornale come fosse un e-commerce
Segnalazioni
- Lato SEO è necessario che i contenuti sotto paywall che vengono forniti a Google rispettino alcune indicazioni e contengano metadati specifici.
- Molti CMS permettono di visualizzare il contenuto sotto paywall attraverso un semplice “visualizza sorgente”, fregatene. Perchè un lettore che va a leggere un articolo in questo modo, non è un lettore che ci interessa che si abboni.
- Se usi WordPress, potresti usare il plugin MemberPress
- Google chiedeva una soluzione chiamata “First click free” per dare un assaggio ai lettori di almeno di un numero definito di articoli, ad un certo punto ha dichiarato: “vabbè, fate come vi pare“.
- Su Facebook è possibile attivare (in caso di oltre 10.000 fans) un sistema di contenuti a pagamento, con la funzione “Sostieni“
- Se i contenuti editoriali diventano prodotti di un e-commerce, devi cominciare a misurare anche il Valore Medio dell’Ordine e imparare a incrementarlo.
- Anche se datato, probabilmente è il libro che meglio spiega i benefici dei clienti ricorrenti. Il Cliente Automatico, di John Warrillow su Amazon