Le newsletter per un giornale online: una nuova vita

Sono giorni che provo un leggero fastidio a dover dire che questa sarà una newsletter in cui si parlerà di newsletter, ma non ho trovato una forma migliore per annunciarla.

Con l’avvento dei social si è pensato, forse erroneamente, che avrebbero soppiantato una modalità di comunicazione “antica” con i propri lettori come le newsletter.  Invece è un fiorire di nuove opportunità.

Anche io ho deciso di distribuire questi contenuti attraverso l’invio di newsletter (a eccezione dell’archivio che invece sarà forse a pagamento, qundi se trovi interessanti queste mie newsletter e le puoi leggere è perchè hai fatto in tempo a registrati!).

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Diamo i numeri sulle email in generale?

  • nel 2019 sono state inviate 293,6 miliardi di email (fonte Statista)
  • l’87% dei marketer lo utilizza per diffondere i propri contenuti  (Content Marketing Istitute)
  • il tasso di apertura delle email è del 20%. Tuttavia, arriva fino al 50% in casi di personalizzazione evoluta (Yes Lifecycle Marketing)
  • il lunedì è il giorno con il maggior tasso di apertura (Getresponse)

(dati raccolti da Webinfermento in questi giorni)

L’intervista a Luca Sofri, direttore de IlPost.it

Per parlare di newsletter in un giornale online, ho pensato subito a intervistare chi con le proprie newsletter sta facendo, a mio parere e non solo, un ottimo lavoro.
E allora è il caso delle newsletter del IlPost.it, divise tra “premium” e “free“, tra passionali e puramente a scopo di revenue.
Ho intervistato direttamente Luca Sofri, il direttore de IlPost.it, che gentilmente si è prestato a quattro chiacchiere in tra noi.

A. Ciao Luca, grazie intanto di aver accettato questa intervista per EditoreInformato.it, iniziamo subito con la prima domanda: Le newsletter con l’avvento dei social, si pensava che stessero perdendo di importanza e di efficacia. Negli ultimi tempi invece sembra che stiano riscontrando un maggiore successo. Io credo che dipenda dalle troppe informazioni che ci inondando, e quindi c’è bisogno ora di una “content curation” specifica e le newsletter riescono in questo intento?

Luca. Più che altro a me pare che funzioni l’effetto di “contatto personale” e delimitato, dentro il contesto confuso di cui parli: le newsletter riescono a creare una sensazione (in gran parte fittizia) di messaggio diretto al destinatario e di comunità ristretta e in qualche modo “esclusiva”: oltre a essere un formato che gestiamo con maggiore facilità e meno dispersivo di tutto quello che avviene sul web e nelle app. Probabilmente proprio in ragione della qualità “novecentesca” delle mail e del loro avvicinarsi di più a una vecchia concretezza e ordine.

A. Sul Post.it l’invito a registrarsi alle newsletter ha una grande visibilità anche sulla home page. E’ un “asset” importante per la cura dei vostri lettori? Che peso hanno nella vostra strategia di fidelizzazione e rapporto con gli stessi?

Luca.  In parte è un asset importante come contenuto di per sé: è una parte di quello che facciamo e del progetto editoriale e giornalistico del Post, le usiamo per spiegare, informare, raccontare. E anche per creare una complicità e un’appartenenza, sì, che però a loro volta servono innanzitutto a condividere e fare funzionare questo progetto: ci lavoriamo da sempre per avere lettori più interessati e attenti. Infine, come dici, sono per molti un passaggio intermedio verso una partecipazione che spesso porta a un sostegno più coinvolto come abbonarsi e sostenere economicamente il Post.

A.  Avete alcune newsletter per abbonati e altre gratuite, il fatto che alcune siano a esclusività degli abbonati è una scelta editoriale o anche valoriale, nel senso che la percezione di una newsletter “premium” viene percepita come di maggiore qualità?

Luca. E’ una riflessione che viene fatta di volta in volta su ogni progetto nuovo, e dipende: alcuni di questi progetti – newsletter o podcast, soprattutto – possono creare immediatamente un interesse e un’attrazione, e un senso di utilità o piacere, per cui i destinatari possono essere disposti ad abbonarsi per riceverle o continuare a riceverle; altre hanno il potenziale di raggiungere invece anche lettori che conoscono meno il Post e non si abbonerebbero, ma diventano un ottimo veicolo per portare questi lettori a conoscerlo, e magari ad abbonarsi.

A. La newsletter “Le Canzoni” che viene curata direttamente da te, è ovviamente il risultato di una passione. A volte un “personalismo” (o un interesse di una singola persona, all’interno di una redazione) può essere un ottimo spunto per curare una newsletter che coinvolga altri appassionati dello stesso tema? Un giornalista con la passione per le bici, ma che in redazione scrive di Politica o Economia, potrebbe essere un esperimento da testare?

Luca. È un tema che non riguarda solo le newsletter: noi cerchiamo di stare attenti a che chi scrive di determinate cose cerchi di rivolgersi a tutti e spiegarsi a tutti, e per far questo le “passioni” sono spesso un rischio. Nella newsletter che faccio io – che come noti è anche molto un mio capriccio – cerco appunto di scrivere per chi sia meno travolto di me da quella “passione” ma abbia curiosità per storie e canzoni che non conosce. Il personalizzare aiuta, ma tenendolo in questa misura delimitata permessa dalle newsletter: bisogna stare attenti a controllare l’autocompiacimento per le piccole nicchie di consenso che ci circondano, e guardare oltre e percepire il mondo.

A. Come ti chiedevo nella prima domanda, le newsletter stanno forse acquisendo un ruolo privilegiato, perché possono fornire un flusso di notizie filtrate e verticalizzate su determinati interessi – come quella che sto cercando di fare con EditoreInformato.it – evitando il marasma social o l’overdose informativa che stiamo vivendo. Allo stesso tempo possono avere un impatto sul modello di business del giornale o sui ricavi pubblicitari (in diverse possibili forme). Che importanza daresti ai due aspetti: lettori che seguono una newsletter perchè fidelizzati e verticalizzati su quell’interesse a prescindere dal ricavo, oppure è necessario che generi un ritorno economico?

Luca. Sono sempre ricavi economici, che tu li ottenga facendo pagare l’iscrizione, coinvolgendo degli inserzionisti, oppure indirizzando gli utenti verso altre forme di contributo (gli abbonamenti al Post, nel caso del Post, le visite al sito in altri casi).

A. La newsletter “Consumismi” è una newsletter palesemente incentrata sul modello di revenue da affiliazioni con Amazon, eppure avete trovato una narrazione davvero interessante intorno al prodotto che la rende seguita e che ogni volta leggo con piacere. A volte basta pensare un po “out of box” per trovare modelli interessanti?

Luca. Sì, ma la cosa interessante mi pare che “out of the box” è stato reso più facile in questi anni dal fatto che molte box non c’erano proprio: lo sfruttamento delle affiliazioni è nato perché sono nate le affiliazioni sui siti di ecommerce, e perché erano nati i siti di ecommerce. Più che pensare out of the box, questi sono casi in cui bisogna guardarsi in giro e vedere cosa sta succedendo di nuovo e fare esperimenti. Consumismi arriva da una serie di esperimenti che io avevo iniziato col mio blog addirittura prima che nascesse il Post.

A. Ultima domanda, potresti dire quanti iscritti complessivi ha ilPost.it alle sue newsletter?

Luca. Tanti, ma il dato è molto influenzato dal successo eccezionale della newsletter sul coronavirus, che sta per compiere un anno. Che ne ha circa 80mila, e poi a occhio e croce potrebbero essere circa 80mila le altre insieme.

A. Facciamo che la precedente era la penultima domanda, giuro che l’ultima è questa: ci sono newsletter che tu personalmente segui con maggiore interesse (anche non del Post.it), se si quali e perchè?

Luca. Faccio fatica a trovare il tempo di leggere cose per piacere, quindi finisce che quelle che apro e leggo sono soprattutto quelle americane legate agli sviluppi dell’informazione e del giornalismo online e dei suoi modelli di business. (che è un piacere, eh, non voglio suonare sacrificato).

Credo che il Direttorenelle sue risposte, abbia tracciato alcune linee che possono sicuramente essere di spunto per altre realtà, eppure nel mio pensiero ronza ancora un pensiero: siamo invasi di contenuti che non abbiamo scelto e forse le newsletter risolvono questo problema?

Di seguito i video in cui ho posto altre domande a esperti del settore, con punti di vista diversi.

Le video interviste: strategie, criticità e il futuro.

La questione newsletter non è solo empirica, ma ha una serie di aspetti comportamentali e tecnici che sono stati una vera scoperta.
Ne ho parlato con Marco Ziero, Ceo di Moca Interactive, azienda con una forte verticalizzazione sull’email marketing e Diego Allegra, Head of Sales di 4Dem.

Intervista con Marco Ziero
Intervista con Diego Allegra

Le piattaforme emergenti, ma neanche tanto

In questi giorni alcune piattaforme stanno avendo maggiore successo rispetto ad altre, almeno a vedere le persone che le utilizzano.

Ad esempio Giorgio Taverniti (divulgatore web marketing) ha deciso di utilizzare Substack e ho deciso di chiedergli direttamente il perchè.

Caro Giorgio,  perchè ha scelto una piattaforma invece di un’altra?

Giorgio: Ho deciso di usare Substack perché è una piattaforma totalmente open: ti permette davvero di decidere cosa fare in futuro. Infatti, qualsiasi cosa, rimane tua. È in tuo possesso. Puoi scaricare ogni cosa: dai contenuti alle email. Per fare un confronto con altri si può usare il sito https://opensubscriptionplatforms.com/

Anche Linkedin sta aprendo a un servizio di newsletter, tra gli utilizzatori c’è anche Riccardo Scandellari (autore e divulgatore web marketing), e ho chiesto anche a lui il perchè.

Ciao Riccardo, perchè hai scelto di usare la newsletter fornitra da Linkedin?

Riccardo:E’ stato lo strumento a scegliere me 😂 LinkedIn mi ha offerto questa meravigliosa opportunità e ho ottenuto 21.000 iscritti in poche settimane. Un regalo bellissimo, per ora .

Proprio in questi giorni su IlSole24Ore, c’è un suo pezzo in cui racconta lo stato di “grazia delle newsletter.

Riporto intanto questo passaggio, che può sicuramente essere interessante da considerare: ” il lettore di una newsletter è qualcuno che nutre una profonda stima nell’autore. Attraverso l’iscrizione immagina di poter accedere a qualcosa di esclusivo in un luogo meno rumoroso, più intimo e meno frenetico rispetto a un generico social network.”

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“Siamo talmente drogati di flussi informativi che non abbiamo scelto noi, che ricevere qualcosa che realmente ci interessa diventa il nostro momento migliore.”

Autocitazione durante una mia chiacchierata con un editore
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E se le newsletter diventassero veri modelli di business per un giornale?

Come nell’intervista con Luca Sofri de IlPost.it è emerso, la “profittabilità” di una newsletter è ovviamente da prendere in considerazione per pianificare una propria strategia. Proprio indagando su questo aspetto, sono emersi servizi che proprio tramite newsletter sviluppano il loro modello di business. Magari possono farvi accendere la lampadina per una newsletter per il vostro giornale.

  • Remote Leaf è una newsletter a pagamento – 10$ al mese – che permette, dopo essersi registrati, di ricevere segnalazioni di offerte di lavoro (content curation su diversi portali) in linea con la propria skill.
  • This is how i do it: è una newsletter con 50.000 iscritti (120$ per un abbonamento annuale) che fornisce indicazioni su come far crescere la propria community.
  • Good Morning Italia: è una newsletter tutta italiana che fa una selezione delle notizie più importanti del giorno e le invia per email. Costa 29,90€ l’anno.
  • Duuce.com: non è propriamente una newsletter ma un servizio che segnala newsletter a pagamento interessanti su diversi settori e anche eventuali vendite di newsletter già create con un pubblico.

Le pillole

  • Le newsletter possono generare revenue direttamente (tramite affiliazioni, banner all’interno, ecc.) e indirettamente (curare il lettore per farsi scoprire fino a potergli vendere un abbonamento)
  • Le newsletter possono essere loro stesse un modello di revenue (servizio in abbonamento su tematiche utili al lettore)
  • Le newsletter permettono di creare una relazione più personale con un lettore
  • Posso avere molto seguito se sono firmate da una persona che viene stimata dal pubblico di riferimento
  • Le newsletter possono autoprofilarsi, generando segmentazioni di lettori per interessi palesati durante il loro comportamento
  • Possiamo cancellare anche gli iscritti se non hanno mai dato segno di vita. Ne beneficia tutto il resto
  • Nel dubbio, possiamo mandare email di “wake up” per capire se sono ancora interessati a riceverle

Alcune segnalazioni

  • Se il vostro sito di notizie ha a che fare con gli eventi, Google ha chiesto un aggiornamento dei meta dati relativi proprio agli eventi: Google Update Meta Event
  • Tim Ferries, si fa pagare 54.000$ per inserire markette nei sui podcast.
  • A proposito di newsletter, Flowstate ti manda nuove canzoni da ascoltare se sei appassionato di musica.
  • Non proprio notizia freschissima, ma io seguirei sempre su Twitter Google Search Central.
  • Se le newsletter ti hanno affascinato, sappi che hanno un detonatore che è quello della community. Rosieland è un newsletter (in lingua inglese) con consigli su come costruire una community.
  • Oddio troppe newsletter? Ecco, LetterDrop è un sistema di content curation delle newsletter su validazione social (da Twitter a quanto pare).
  • Anche Twitter apre a un servizio di newsletter.
  • Il Post pubblica un resoconto sul modello di business e i ricavi di questo 2020 appena passato. Interessante.
  • Jhon Mueller di Google dice che cancellare tutti commenti da un sito potrebbe far perdere posizioni al contenuti che li ospitava. Ovviamente il motivo è che anche i commenti generano del testo che potrebbe indicizzarsi e posizionarsi su Google. Sempre Mueller inoltre, durante una diretta su Youtube in cui rispondeva agli utenti, confermava quanto detto anche nella newsletter specifica su Google Discover: il traffico generato da Discover è per sua natura altalenante.
  • Per le testate online del Lazio è stato istituito un fondo perduto fino a 2 milioni di euro in caso di perdita del fatturato superiore al 30% durante la pandemia.
  • Un articolo sul futuro del giornalismo su Wired, affronta alcune questioni che condivido molto profondamente.
  • Prossimamente una newsletter sarà sul Growth Hacking per un giornale online. Dal 14 al 24, Raffaele Gaito aprirà la seconda sessione di Growth hacking Program magari può interessarti.